Il Consiglio di Stato, nel giudizio di appello, ha emesso una importante sentenza, ribaltando quella di primo grado del Tribunale Amministrativo Regionale, confermando importanti principi e “regole di giudizio”.
La Questura aveva revocato la licenza di porto d’armi all’interessato perché lo stesso era stato fermato con una persona che in precedenza era stato denunciato per guida in stato di ebbrezza e addosso gli erano stati trovati 1,5 grammi di hashish.
La Questura giustificava la revoca della licenza del porto d’armi su due cose, la prima perché l’interessato era stato trovato in compagnia di una persona denunciata per guida in stato di ebbrezza, la seconda perché aveva addosso hashish.
Inoltre la Questura rincarava la dose, affermando che accompagnarsi a soggetti con precedenti di polizia, poteva esporre la persona alla sottrazione delle armi.
Nel ricorso di primo grado il TAR ha dato torto al ricorrente, confermando la revoca del porto d’armi.
In grado di appello il Consiglio di Stato con la decisione del 7.06.2025 ha dato invece ragione al ricorrente, sulla base di argomentazioni giuste, logiche e coerenti con la materia del diritto delle armi, annullando la sentenza di primo grado.
In particolare, l’appellante lamentava illogicità, contraddittorietà e violazione del principio di correttezza, buon andamento e ragionevolezza, nonché erroneità della motivazione.
Del resto l’episodio era unico e isolato, la sostanza stupefacente rinvenuta per uso personale era modesta e soprattutto l’interessato era continuamente sottoposto a visite mediche ed esami, che accertavano la non abitualità dell’uso di stupefacenti.
Il Consiglio di Stato ha ridimensionato il concetto di affidabilità confermando una lettura costituzionalmente orientata degli art. 43, 11 del tulps, concetto di affidabilità che occorre esigere in relazione alla specifica tipologia del titolo di porto d’armi.
Poi il Consiglio di Stato ha ritenuto che il TAR in primo grado non ha dato il dovuto peso alla idoneità psico-fisica comprovata dalle numerose visite dell’interessato.
È stato anche contestato il fatto che mentre la Prefettura non ha emesso alcun provvedimento di divieto prima e/o dopo la revoca del porto d’armi.
Infine per il c.d. pericolo di abuso, gli elementi avrebbero dovuto essere più attentamente valutati dall’Amministrazione questorile, laddove le frequentazioni con persone pregiudizievoli e la detenzione di stupefacenti, appaiono risalenti ed isolati nel tempo.
CONCLUSIONE
Il Consiglio di Stato ha dato ragione al ricorrente, con argomentazioni valide e logiche e per l’effetto ha annullato la sentenza di primo grado del TAR che dava ragione alla Questura.
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